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Romolus

17 Febbraio 2018 | Società  operaia, Lesa

Regia: Carlo Roncaglia - Genere: TAG

disorientamento e la grande perdita di equilibrio del nostro tempo. Ci sono culture e mondi differenti che si incontrano, si scontrano, tentano di capirsi o, pericolosamente, si ignorano. È il crollo di un sistema consolidato ma ormai talmente complesso da risultare instabile e vulnerabile: una vera e propria bomba ad orologeria. La caduta dell’Impero Romano è una esplicita metafora della deflagrazione e dello sbandamento dell'assetto geo-politico e culturale che viviamo oggi. Il nostro Impero Romano oggi è un quartiere, una città, una regione, uno stato, l’Europa, il mondo: un sistema economico, sociale e culturale difficile da gestire. È una globalizzazione in proroga; un’incapacità di difendere le proprie identità e al contempo integrarsi e/o assorbire le “culture altre”.

È questo il nostro crollo dell’Impero Romano: un ineluttabile cambio della guardia, un avvicendarsi di periodi doloroso ma inevitabile.

Dürrenmatt fotografa il nostro tempo, le nostre contraddizioni, le nostre più profonde paure e i tentativi – a volte piuttosto bizzarri – di ricomporre le fratture. E lo fa con grande ironia e lucidità.

Un testo dalle forti valenze socio-politiche per un allestimento di grande impegno civile in cui la coralità della pièce è sostenuta e sottolineata da una compagnia trasversale in cui le diverse lingue e i differenti linguaggi artistici – pur scontrandosi nel testo - si armonizzano nella messa in scena.

L’allestimento si pone come obiettivo di rendere palpabile questo clima di spaesamento, questo magma che è una certa Europa reduce da profondi e repentini mutamenti.

Come nell’Impero Romano anche la nostra è una società multietnica – un melting pot – che rischia continuamente il collasso. Ma è anche e soprattutto un’enorme risorsa che andrebbe sfruttata e vissuta positivamente.

LA TRAMA ORIGINALE

In una villa in Campania si consuma la fine dell’Impero Romano d’Occidente; tra i polli, unico suo reale interesse, l’ultimo imperatore di Roma, Romolo il Grande, assiste al crollo inesorabile del suo impero… osserva l’estendersi di ogni singola crepa, il cedimento di ogni trave, fino al rantolo estremo del pachidermico, quanto ormai obsoleto e corrotto Impero Romano. Attorno a lui qualcosa che sembra più una corte dei miracoli che si affaccenda per salvare il salvabile, o, almeno, le apparenze. Un antiquario valuta le ultime statue, l’imperatore d’Oriente viene a chiedere asilo politico, un industriale, fabbricante di calzoni, offre, in cambio di accordi commerciali, di salvare l’impero dal collasso. Tutto è inutile: Roma è destinata a cadere, a cedere sotto secoli di abusi e di corruzione.

I Barbari, guidati da Odoacre, stanno calando, hanno preso Pavia e si dirigono sulla capitale. Tra gli ultimi ministri e generali ancora rimasti al suo fianco, la famiglia e i vecchi servitori, l’ultimo imperatore romano sfugge ad attentati maldestri, alleva polli e svende gli ultimi rimasugli dei fasti imperiali sorridendo soddisfatto di fronte al compiersi della sua missione: la fine di Roma.


476: LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO UND DIE GEFLÜGEL

tratto da Romulus der Große di Friedrich Dürrenmatt

PRIME NOTE DI REGIA

Romolo il Grande – Romulus der große (1949) è un testo profondamente contemporaneo e di unÂ’attualità straordinaria. Nella splendida pièce di Dürrenmatt cÂ’è tutto il caos, il disorientamento e la grande perdita di equilibrio del nostro tempo. Ci sono culture e mondi differenti che si incontrano, si scontrano, tentano di capirsi o, pericolosamente, si ignorano. È il crollo di un sistema consolidato ma ormai talmente complesso da risultare instabile e vulnerabile: una vera e propria bomba ad orologeria. La caduta dellÂ’Impero Romano è una esplicita metafora della deflagrazione e dello sbandamento dell'assetto geo-politico e culturale che viviamo oggi. Il nostro Impero Romano oggi è un quartiere, una città, una regione, uno stato, lÂ’Europa, il mondo: un sistema economico, sociale e culturale difficile da gestire. È una globalizzazione in proroga; unÂ’incapacità di difendere le proprie identità e al contempo integrarsi e/o assorbire le “culture altre”. È questo il nostro crollo dellÂ’Impero Romano: un ineluttabile cambio della guardia, un avvicendarsi di periodi doloroso ma inevitabile. Dürrenmatt fotografa il nostro tempo, le nostre contraddizioni, le nostre più profonde paure e i tentativi – a volte piuttosto bizzarri – di ricomporre le fratture. E lo fa con grande ironia e lucidità. Un testo dalle forti valenze socio-politiche per un allestimento di grande impegno civile in cui la coralità della pièce è sostenuta e sottolineata da una compagnia trasversale in cui le diverse lingue e i differenti linguaggi artistici – pur scontrandosi nel testo - si armonizzano nella messa in scena. LÂ’allestimento si pone come obiettivo di rendere palpabile questo clima di spaesamento, questo magma che è una certa Europa reduce da profondi e repentini mutamenti. Come nellÂ’Impero Romano anche la nostra è una società multietnica – un melting pot – che rischia continuamente il collasso. Ma è anche e soprattutto unÂ’enorme risorsa che andrebbe sfruttata e vissuta positivamente.

LA TRAMA ORIGINALE

In una villa in Campania si consuma la fine dellÂ’Impero Romano dÂ’Occidente; tra i polli, unico suo reale interesse, lÂ’ultimo imperatore di Roma, Romolo il Grande, assiste al crollo inesorabile del suo imperoÂ… osserva lÂ’estendersi di ogni singola crepa, il cedimento di ogni trave, fino al rantolo estremo del pachidermico, quanto ormai obsoleto e corrotto Impero Romano. Attorno a lui qualcosa che sembra più una corte dei miracoli che si affaccenda per salvare il salvabile, o, almeno, le apparenze. Un antiquario valuta le ultime statue, lÂ’imperatore dÂ’Oriente viene a chiedere asilo politico, un industriale, fabbricante di calzoni, offre, in cambio di accordi commerciali, di salvare lÂ’impero dal collasso. Tutto è inutile: Roma è destinata a cadere, a cedere sotto secoli di abusi e di corruzione. I Barbari, guidati da Odoacre, stanno calando, hanno preso Pavia e si dirigono sulla capitale. Tra gli ultimi ministri e generali ancora rimasti al suo fianco, la famiglia e i vecchi servitori, lÂ’ultimo imperatore romano sfugge ad attentati maldestri, alleva polli e svende gli ultimi rimasugli dei fasti imperiali sorridendo soddisfatto di fronte al compiersi della sua missione: la fine di Roma.

in collaborazione con

TEATRO CRISTALLO
TEATRO STABILE DI BOLZANO
VBB

Progetto realizzato con il sostegno economico della Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige
Ripartizione Cultura italiana, tedesca e ladina
PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO e COMUNE DI BOLZANO

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    Carlo Roncaglia

    Regista attore e musicista diplomato nel 1997 presso la Scuola del Teatro Stabile di Torino diretta da Luca Ronconi, partecipa ad un workshop teatrale internazionale con tournée in Romania, Danimarca, Svezia e Norvegia. Recita tra gli altri con Giancarlo Cobelli, Gabriele Lavia, Mauro Avogadro, Eugenio Allegri. Nel 2000 fonda la Compagnia di Musica-Teatro Accademia dei Folli della quale è direttore artistico e per la quale cura le regie degli spettacoli teatrali. È anche doppiatore e attore televisivo e cinematografico.

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    Gianluca Gambino

    Si diploma presso la scuola del Teatro Stabile di Torino, lavora con Mauro Avogadro, con il gruppo di ricerca Archivo Zeta, con sede a Firenze, fondato da Gianluca Guidotti, lavora in Francia con Dominique Pitoiset per il Teatro di Bordeaux, partecipa al Progetto Shakespeare, lavorando con Jean-Cristophe Sais e con Mamadou Dioume, attore di Peter Brook, all’interno delle manifestazioni per le Olimpiadi Invernali 2006, lavora con Luca Ronconi, appare in spot pubblicitari, fictions e films.