LA NOBILE PERPLESSITÀ DELLA FENICE

E L'ORGOGLIOSA UMILTAÂ’ DI UN TECNICO INFELICE 
ovverosia DOMINO - Allegoria Tragica con Musiche e Rumori -

La Nobile perplessità della Fenice rappresenta, a ben vedere, una sorta di privatissimo incubo a due: due differenti deliri si scontrano sul piano di una vocazione alla fantasticheria tanto sfrenata da rasentare la follia. La differenza tra i due, però, è assai grande. Nel tecnico agisce uno spirito di fedeltà ad una vocazione all'azione e alla stabilità delle convenzioni, che trae alimento, con tutta evidenza, dal radicamento in uno stato indiscutibile e certo (Sono un elettricista); nella sparuta bibliotecaria, invasa da sogni strabilianti e funesti e da una continua, ininterrotta volontà di inventarsi qualunque esistenza possibile, agisce un irrazionalismo che, nutrito di pessime letture pessimamente metabolizzate (anzi, niente affatto metabolizzate) la colloca, automaticamente, in un mondo nel quale sarebbe assurdo voler scindere non soltanto il vero dal falso, ma distinguere la differenza che c'è tra ciò che è verità e ciò che è autocompiacimento menzognero. Eppure entrambi muovono verso un unico obiettivo: quello di definire, meglio e più chiaramente che possono la realtà che vivono e che li circonda. Intorno a loro dilaga unÂ’epidemia mortale: e, nei loro discorsi, quando vi fanno riferimento, la prima tentazione è quella di trasformare quel male in un simbolo: che è la tentazione febbrile, che provano entrambi, a trasformare in un segno universale quel che dicono e quel che fanno. L'autore non è in grado, ovviamente, di dire con certezza che cosa rappresenti il suo atto unico, se non, come dice il sottotitolo, un'allegoria tragica. Rappresentare delirio e schizofrenia non è facile: quando, poi, si tenta di caricare il tutto di un peso, in qualche misura, politico, le cose si complicano, va da sé. Lo spettatore legga il tutto come crede, gli dia il significato che gli pare possa assumere e lo ascolti per quello che è: la messa in scena abbastanza disperata, di due solitudini che cercano, inutilmente, un punto d'incontro.

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