S'I' FOSSE FOCO

Chieri, 1395. Nelle mura di Landolfo si fa festa grande: ci sono fiere di mercanti, banchetti, tavole imbandite e vino spillato per strada, ci sono spettacoli di giocolieri e saltimbanchi, ci sono danze e giostre dÂ’armi. E cÂ’è un giullare, un cantastorie che richiama lÂ’attenzione del pubblico su un carro che sta passando nella via maestra. Su quel carro, catene ai polsi e alle caviglie, bendato, cÂ’è un uomo, un certo Giacomo Ristolassio.
Nessuno tra i presenti lÂ’ha mai sentito nominare, ma questo è normale: Ristolassio non è chierese, viene da fuori, da Carmagnola, ed è un eretico. È stato sorpreso sulla strada di Villastellone in compagnia di FraÂ’ Angelo, un maestro cataro. Dunque anche lui devÂ’essere un eretico. O almeno così la pensa lÂ’inquisitore Giovanni da Susa, un domenicano che di eretici al rogo ne ha già mandati tanti. Giovanni precede il carro ed elenca i capi dÂ’imputazione del prigioniero. Li legge con un tono che sa già di condanna, prima ancora che venga celebrato il processo.
I mercanti di Chieri, i musici, gli artigiani immediatamente abbandonano la festa e si accodano al carro. È vero, non hanno mai visto quellÂ’uomo, ma il suo è un caso che li appassiona. Ascoltano con un interesse sempre più vivo le invettive di Giovanni e dopo un poÂ’ iniziano a inveire anche loro, contro quellÂ’uomo che pure non avevano mai sentito nominare, fino a pochi istanti prima. Del resto un processo in piazza a un eretico, la sua quasi sicura condanna (visto chi è lÂ’inquisitore), la prospettiva di assistere a un rogo, tutto questo è soprattutto uno spettacolo per questa gente, una festa nella festa. Ristolassio, poi, è una vittima perfetta: non è chierese, non è ricco, non è potente. È solo un eretico, un fabbro di Carmagnola che si è fatto tentare dal demonio e che per questo deve bruciare, prima in piazza e dopo allÂ’inferno.

Ed eccola la piazza. Dovrebbe essere un processo quello che sta per avere luogo tra il palazzo municipale e la chiesa, ma sembra più una specie di carnevale. Il carro diventa un palco, la gente urla e lancia tutto quello che trova contro lÂ’eretico, il giullare poi canta una filastrocca che somiglia a una beffa macabra: sÂ’iÂ’ fosse foco ardereiÂ… Indovinate un poÂ’ chi? – chiede alla gente, e la gente ride.
Ma il processo, quello vero, deve cominciare, e così il palco diventa il regno della giustizia di Dio incarnata da Giovanni da Susa, che dalla sua parte ha anche la testimonianza di una giovane donna, che si scaglia contro lÂ’eretico. La retorica del domenicano è infuocata, le sue accuse non lasciano respiro al prigioniero, la folla è tutta con lÂ’inquisitore.
Arriva il turno di Ristolassio, perché anche un eretico deve potersi difendere. Potrebbe rinnegare la fede catara e in questo modo, forse, avere salva la vita. Ma non lo fa, perché sarà pure un povero fabbro, Giacomo, però ha i suoi principi e per difenderli è anche disposto a morire. Questo non vuol dire che non abbia paura, ne ha eccome con tutta quella gente inferocita. Ne ha così tanta che per farsi coraggio immagina che lì, sul palco, davanti a lui, ci sia FraÂ’ Angelo, il suo maestro. La sua fidanzata, Veronica, invece cÂ’è davvero, non lÂ’ha abbandonato, e anche questo gli dà un poÂ’ di coraggio.
Intanto la folla si è fatta meno ostile nei suoi confronti, o perlomeno è disposta ad ascoltare la sua storia. È questo lÂ’ultimo desiderio di Giacomo, raccontare una piccola storia. Quella di un povero fabbro di Carmagnola che ha imparato il mestiere dal padre, anche lui fabbro. E mio padre – dice Giacomo – in bottega mi ha insegnato una cosa: che il fuoco non è fatto per distruggere, il fuoco serve per piegare i metalli, per trasformarli in qualcosa di utile. SÂ’io fossi foco – dice Giacomo facendo il verso al giullare – sÂ’io fossi foco non brucerei il mondo, ma lo renderei migliore, come mi ha insegnato mio padre.
A questo punto la folla non urla più, al contrario gli uomini e le donne di Chieri chiedono a Giovanni un atto di clemenza. E lui, lÂ’inquisitore, decide di accontentarli concedendo a Giacomo un privilegio.
Non la salvezza, che per un eretico come lui è fuori discussione. E poi il rogo è stato già allestito, la campana della chiesa suona a morto, nella piazza iniziano a crepitare le fiamme, i palazzi si animano di riflessi rossastri. Giacomo Ristolassio andrà al rogo – dice Giovanni – ma prima che alle fascine venga dato fuoco, gli si concederà il privilegioÂ…  di essere strozzato.

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