YOUSSEF E MARIE

Youssef e Marie si sono conosciuti in mezzo al mare, nel viaggio verso Lampedusa. Sono scappati dalle dittature dei loro paesi – lui dall’Egitto, lei dalla Libia – mentre fioriva la cosiddetta primavera araba, e si sono stabiliti a Torino. Parlano un italiano colto, forbito, iperletterario, lo hanno imparato all’università dai libri di grammatica e dai romanzi della nostra più nobile tradizione. Hanno una bancarella dove vendono incenso e mirra. E aspettano un figlio che dovrebbe nascere a fine dicembre, attorno al 24. Youssef, cristiano copto, vorrebbe chiamarlo Jesus. Marie, musulmana osservante, non ci pensa nemmeno.

Li ritroviamo sei anni dopo, scoprendo che molte cose sono cambiate nel frattempo – molte ma non tutte. Youssef e Marie non lavorano più per strada, ma continuano a parlare un italiano raffinatissimo. Il loro bambino è nato e va alle elementari, ma in casa non sono cessate le discussioni attorno suo nome. La primavera araba è finita com’è finita, ma non è venuta meno la fiducia della coppia in un futuro migliore.

Youssef e Marie è una favola di Natale a due voci, un inno alla speranza. È la preghiera ironica, tenera, scanzonata e multireligiosa di chi si ostina, nonostante tutto, a credere nella felicità.

Uno spettacolo natalizio sui generis adatto ai bambini e alle famiglie. Un piccolo singolare presepe vivente immerso nella contemporaneità per riflettere, divertirsi e commuoversi. 

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