IL RE MUORE

di Eugéne Ionesco

Bérenger, sovrano dell'Universo, ha 283 anni e una malattia incurabile ma non sa ancora che dovrà morire; le due regine, la dolce Marie e la saccente Marguerite, venute a conoscenza della sua malattia grazie al medico, chirurgo e batteriologo di corte discutono a lungo se sia il caso di rivelare la nefasta notizia al loro marito e sovrano. Alla fine la notizia viene rivelata a Bérenger che, incredulo, non vuole convincersi della sua imminente morte; il sovrano si crede ancora in possesso del potere sugli elementi della natura e sulle persone ma, inesorabilmente, scopre che la sua malattia non gli ha lasciato nessuna forza e, invano, ordina alla natura e agli uomini che nemmeno gli rispondono.

Nel capolavoro di Ionesco del 1962 c'è tutto lo spaesamento e l'affanno di un'umanità che deve fare i conti con la propria finitezza; c'è la spasmodica e tragicomica ricerca del senso della vita e l'amara eterna lotta contro la mortalità.

Un comicissimo esorcismo, uno sberleffo con un retrogusto tragico permea un testo che fa del non-sense un manifesto filosofico che scandaglia gli abissi della condizione umana, della vita stessa e del suo significato.

Alla fine dei conti però IL RE MUORE è un inno alla vita cantato a squarciagola, una favola metafisica alla Lewis Carroll, una danza macabra frenetica, incontenibile e contagiosa.

Un allestimento che mette al centro l'uomo, le sue debolezze e la sue intrinseche fragilità.

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